Ergonomia: per migliorare le condizioni di lavoro


Il termine “ergonomia” deriva dal greco “ergon” (lavoro-azione) e “nomos” (legge-governo) ed è stato coniato nel 1949 dallo psicologo gallese Murrel (prima direttore della Naval Motion Study Group dell’Ammiragliato Britannico, poi direttore, nel 1952, del Dipartimento di Ergonomia della Tube Investiments Ltd), per introdurre la novità del metodo interdisciplinare (che raccoglie i contributi di ambiti quali l’ingegneria, le scienze della natura e della materia, le scienze biomediche e quelle psicosociali) posto a servizio dell’attività umana, in relazione alle condizioni ambientali, strumentali e organizzative in cui si svolge.

Nel 1961 furono create l’Associazione Internazionale di Ergonomia (I.E.A.) e la S.I.E (Società Italiana di Ergonomia).

L’I.E.A. ha approvato questa definizione: “L’ergonomia (o Fattori Umani) è la disciplina scientifica interessata alla comprensione dell’interazione tra gli elementi di un sistema (umani e d’altro tipo) e la funzione per cui viene progettato (nonché la teoria, i principi, i dati e i metodi che vengono applicati nella progettazione). Ciò allo scopo di ottimizzare la soddisfazione dell’utente e l’insieme delle prestazioni del sistema”.

L’obiettivo da perseguire è l’adattamento delle condizioni ambientali alle esigenze dell’uomo, in rapporto alle sue caratteristiche e alle sue attività.
L’ergonomia, sin dalle origini, si contrappone in modo critico all’organizzazione scientifica del lavoro (taylorismo), postulando che non è l’uomo che si deve adattare al lavoro, ma il lavoro deve essere organizzato in modo da rispettare le esigenze e i bisogni dell’uomo.

In un’epoca come la nostra, caratterizzata dall’adozione di nuove tecnologie, è necessario il superamento della dimensione individuale del lavoro; dunque l’analisi dei metodi d’introduzione dei sistemi informatici nelle organizzazioni è uno dei settori d’indagine che ha dato risultati tra i più interessanti.

Dicasi ergonomia cognitiva quella disciplina avente come oggetto di studio il miglioramento dell’interazione tra il sistema cognitivo umano e gli strumenti per l’elaborazione dell’informazione, in modo da soddisfare i bisogni dell’utente e perseguire il benessere dell’uomo.

La nascita dell’ergonomia cognitiva è avvenuta in concomitanza con lo sviluppo delle interfacce informatiche, per le quali risultò indispensabile studiare l’interazione uomo-computer in riferimento alle caratteristiche cognitive dell’utente (percezione, memoria, ragionamento…)
“Un’analisi del sistema uomo-macchina-ambiente non può prescindere da un’approfondita visione psicologica e psicosociale delle problematiche umane in ambito lavorativo. Un esame dell’ambiente interumano, in cui l’uomo al lavoro opera e con il quale deve interagire, risulta di basilare importanza relativamente al tipo e al grado d’influenza che tale ambiente e le persone in esso presenti possono esercitare in seno alla struttura organizzativa” (Marcolin, 1995).

L’ergonomia più attuale, oltre alle applicazioni in ambito lavorativo, sta estendendo il proprio campo di applicazione a vari altri settori come quelli dello sport, del tempo libero e dei più vari aspetti della vita quotidiana, ossia di tutto ciò che non è attività lavorativa.

Dunque, l’ergonomia moderna ha ampliato la sua “missione”: non solo l’adattamento del lavoro all’uomo, ma il perseguimento del benessere dell’uomo impegnato in un’attività intesa in senso lato. Un “benessere che deve essere inteso anche nel senso di benessere sociale… per fare in modo che l’attività quotidiana prevalente (ma anche quella saltuaria) abbia un’influenza positiva sulla salute psicofisica e sociale di colui che è impegnato nel lavoro”.

In Italia, la professione dell’ergonomo attraversa, per così dire, una fase di “rodaggio”, nel senso che è ostacolata da certi atteggiamenti culturali che limitano le possibilità d’intervento dell’ergonomia in campo aziendale (e non solo) e lo sviluppo di un iter formativo completo.

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