Mobbing sul posto di lavoro: cos’è e a chi affidarsi


Il mobbing è da sempre un fenomeno analizzato e studiato dal punto di vista psicologico e sociologico. Con il passare del tempo e soprattutto a seguito di una evidente diffusione del mobbing sul posto di lavoro, il fenomeno ha assunto profonda rilevanza anche in ambito legale. Vediamo innanzitutto cos’è nello specifico, come riconoscerlo e soprattutto a chi affidarsi per riuscire ad uscire da questa situazione profondamente emarginante che il più delle volte causa anche danni psicologici alla vittima di gravi entità.

Definizione del mobbing

Prima di arrivare ad una eventuale richiesta di risarcimento danni patrimoniali e non, è necessario innanzitutto comprendere cos’è il mobbing in modo da riuscire effettivamente a riconoscerlo. Il mobbing sul posto di lavoro si traduce in un comportamento che ha un evidente intento vessatorio e, oltretutto, ha la caratteristica legata alla sistematicità dell’azione. Queste due componenti sono fondamentali per riuscire a tradurre eventuali comportamenti emarginanti in una vera e propria azione di mobbing.

Più nello specifico, si può parlare di mobbing sul posto di lavoro quando diventano ampiamente dimostrabili dei comportamenti aggressivi e persecutori da parte di membri dell’ufficio o direttamente da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore e mirati ad emarginare quest’ultimo. Questi comportamenti possono essere sia azioni che direttamente influiscono sulla salute psico-fisica del lavoratore, come insulti e provocazioni sistematiche sul posto di lavoro, sia azioni che implicitamente fanno intendere una volontaria emarginazione del collega o dipendente come l’esclusione da progetti, corsi di aggiornamenti o riunioni di una certa rilevanza.

Inoltre, anche il cambio di mansioni e dei carichi di lavoro possono essere riconducibili al fenomeno del mobbing sul posto di lavoro. Sia un improvviso sopravvacarico, ritenuto anche intollerabile, che una forte e altrettamento improvvisa riduzione del carico di lavoro possono essere azioni legate volutamente a perseguitare il lavoratore causando alle volte conseguenze rilevanti dal punto vista psicologico. In ogni caso, a prescindere dal comportamento specifico, come sottolineato in precedenza è strettamente necessario che l’azione abbia un evidente intento vessatorio e che sia ripetuta nel tempo.

A chi affidarsi in caso di mobbing sul posto di lavoro

Il mobbing sul posto di lavoro, come detto più volte, può causare profonde problematiche sia al lavoratore che al datore di lavoro per diverse ragioni. Se il lavoratore può subire conseguenze psico-fisiche anche di evidente entità, il datore di lavoro può certamente rischiare ingenti sanzioni. La vittima, per provare che determinati comportamenti siano riconducibili ad azioni vessatorie e ripetute nel tempo, ha la necessità di affidarsi ad un professionista in grado di gestire le controversie tra imprese e dipendenti (o collaboratori).

La figura professionale più indicata è sicuramente un avvocato del lavoro, specializzato appunto in diritto del lavoro e sindacale e perfettamente capace di gestire i rapporti di lavoro e le controversie che possono nascere dai rapporti stessi. L’avvocato di diritto del lavoro saprà seguire l’iter necessario che precede una eventuale richiesta di risarcimento danni da parte del lavoratore, che può essere a sua volta patrimoniale (se la vittima ha dovuto coprire eventuali spese mediche) o non patrimoniale per eventuali danni biologici.

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